Quando la trap diventa spazio di incontro generativo

Quale presente? Quale futuro? La musica più indigesta degli adolescenti apre a inaspettate riflessioni

Avevo raccontato ai ragazzi la storia dell’hip-hop attraverso video musicali, era stata una lezione seguita con attenzione. Sebbene si ragionasse principalmente sulla dimensione musicale e storica, avevo come sempre anche portato qualcosa di me, sottolineando quanto alcune canzoni mi avevano segnato, avevano contribuito a dare senso al mio percorso di adolescente, mi avevano dato conforto e voglia di reagire.

Lorenzo, forse proprio ispirato da questi miei frammenti autobiografici, ad un certo punto si alza ed esclama “ce l’ho io un video!” e propone di guardare quello che, secondo lui, non si poteva perdere se si voleva parlare rap «che conta»: 6 A.M. del produttore hip-hop Night Skinny.

Sebbene sapessi bene chi fosse l’artista – avevo avuto modo anche di conoscerlo personalmente perchè aveva prodotto i beats per il mio amico (e grande rapper, e insegnante, e educatore…) Andrea “Mastino” – quel video me l’ero proprio perso.

La parte strumentale è opera dello stesso Night Skinny, mentre quella vocale affidata a Izi e Gue Pequeno; due personaggi, in particolare l’ultimo, su cui ho sempre avuto molte resistenze dati i clichè di cui si compongono spesso le sue canzoni.

Avevamo però un pò di tempo e dico ok a Lorenzo.
I venti minuti successivi sono stati un momento davvero stimolante di riflessione non solo sul rap e la trap, ma in generale sui vissuti degli adolescenti attuali, e sul mondo in cui viviamo.

Guardiamo allora il video insieme, è davvero fatto bene, è realizzato completamente in animazione; per 4 minuti rimaniamo in silenzio e lasciamo che le immagini animate evocative che ci scorrano davanti agli occhi.

Vi consiglio di guardarlo anche voi, poi andate avanti a leggere

Al termine chiedo ai ragazzi di provare a scegliere un’immagine, un fotogramma che gli risuona particolarmente, che sentono come significativo (in genere questa semplice consegna è un buon punto di partenza per lavorare in modo riflessivo ed esperienziale su uno stimolo video).

L’infanzia serena

La prima scena che evidenziano, e sui cui convergono in molti, sono le 7 sfere del drago. Io, che per motivi generazionali, Dragon Ball andrò a guardarmelo solo dopo quel giorno (chiedo scusa al mondo…), non le avevo neanche riconosciute. Mi spiegano che nell’anime ci sono queste 7 sfere (da cui il nome della serie) sparse per il mondo. Chi riesce a trovarle tutte può esprimere un desiderio al drago (che compare anche nel video nel fotogramma successivo) che lo esaudirà. Una volta esaudito le sfere si ridistribuiscono immediatamente in diversi luoghi remoti del pianeta (non pensavo che un lavoro a tema hip-hop ci avrebbe anzitutto portato così in fretta sui lidi della pedagogia nerd).

I ragazzi spiegano che questa scena è importante per loro perché nella vita i desideri sono imprescindibili, ed è stupendo quando si realizzano.
Dopo questa prima dichiarazione parte un momento reverie: si accavallano i ricordi di quando erano bambini, il tempo dell’innocenza in cui erano convinti che il mondo fosse bello e la vita pronta ad esaudire i propri desideri. Collegano questi pensieri ad altre immagini presenti nel video, quelle dello scooter e del Nokia 3310, rievocando il periodo pre-smartphone, evocandolo come il tempo storico dell’autenticità, prima che, sostengono, l’avvento del digitale e dei social network rendesse tutto finto.

La sensazione da accogliere di un futuro minaccioso

E’ interessante come i ragazzi abbiano sottolineato per l’esistenza per loro di due passati mitici: quello dell’infanzia e quello storico, datato quest’ultimo solo un decennio prima, un’ «epoca dell’oro» vista come molto diversa da quella attuale.
I ragazzi oggi spesso associano al tempo presente la perdita di autenticità, e hanno uno sguardo negativo verso il futuro. Se vogliamo capire gli adolescenti di oggi è fondamentale avere la consapevolezza di questo loro vissuto, senza sminuirlo. Si sottolinea come “il mito del progresso” – ancora fortemente radicato nell’immaginario di molti adulti – nelle nuove generazioni sia sempre più labile, se non, come in questo caso, abbia cambiato di segno. La storia non viaggia più in modo lineare verso «il meglio», lo sviluppo tecnologico non è più garanzia di benessere presente e futuro per l’uomo. Un tema che come vedremo, sarà al centro di molte riflessioni stimolate da questo video.

LASCIARSI ANDARE

Interrompo lo scambio di ricordi e nostalgie per i tempi passati e chiedo se qualcuno voleva portare un’altra immagine tratta dal video.
L’insetto morto con intorno le pastiglie! dice Laura. Anche qui in molti annuiscono. Laura dice che da un’idea “di schifo”, di trasandatezza, “come quando una persona lascia andare tutto, perché non ha motivi per vivere“. Racconta che ci sono stati e ci sono tutt’ora momenti vissuti così, e che succede a tanti, l’ha visto anche in amici e parenti. Gli altri annuiscono.
Emerge il tema delle sostanze, di come le utilizzino come un lenitivo, “una sorta di medicina che non ti fa pensare, ti anestetizza ma ti riduce ma poi ti fa diventare apatico“. Un’immagine molto lontana da quella “cool” associata alle droghe che la maggior parte delle volte presentano quando ne parlano. Mi colpisce, si aprono preziosi spiragli di autenticità, da gestire con delicatezza.
Ecco un altro elemento sempre caratterizzante gli adolescenti oggi: le sostanze, più che strumento conviviale di trasgressione, o per farsi viaggi «oltre le porte della percezione», sono sempre più utilizzate come anestetico, come un farmaco ansiolitico, e magari consumate in solitudine.

QUANDO MORIREMO? QUANTO TEMPO MANCA?

La terza immagine che emerge dal gruppo è il fantasma che balla in una piazza Duomo di Milano in rovina, in un efficace remix visivo di Betty Boop Snow White di Max Fleischer.
Ritorna ancora il parallelismo tra la decadenza individuale a quella storico-sociale. “La civiltà sta finendo in fondo al mare” dice Lorenzo!

Quando moriremo?” si chiede Luca “E per cosa? Sarà per il riscaldamento globale, per le guerre… Quanto tempo manca?
La domanda riverbera tra i ragazzi quando Lorenzo incalza: “La verità in questo video è quando si vede la pantera sulla Lamborghini distrutta: la natura è più importante della ricchezza, alla fine vincerà la natura, la ricchezza dura poco, vale poco

L’immagine è davvero forte, e in un attimo stravolge tutti gli stereotipi monodimensionali della trap e della lettura spesso superficiale che ne fanno gli adulti.
Un anno prima aveva riscosso grande successo la canzone «Lamborghini» di Guè Pequeno insieme a Sfera Ebbasta, lo stesso che canta una delle due strofe del pezzo su cui stiamo riflettendo.
In quella canzone, uno degli inni della trap tricolore, Guè dichiarava: “oggi mi sposo con i money, i soldi per me sono dio”. In 6.A.M. invece la stessa Lamborghini è andata a schiantarsi, e una pantera nera cammina sopra la carcassa.

Il doppio sogno

Proponendo qualche tempo dopo ad un gruppo di educatori il video «Lamborghini» insieme a «6 a.m.», proprio per discutere di questi temi, è emersa una riflessione molto interessante. Un collega ha condiviso come, posto di fronte a questi due stimoli, gli fosse parso di aver assistito ad un «doppio sogno».
Lamborghini, di Gue Pequeno e Sfera Ebbasta rappresenta la dimensione diurna, racconta la superficie, rappresenta la narrazione che spesso (con nostro disappunto) ci restituiscono i ragazzi.
Il video di 6.a.m. è invece la sua controparte notturna, il sogno, o meglio l’incubo, che rappresenta l’indicibile, la voragine, ciò che (anche dalla trap) si percpisce ma non è confidabile nemmeno a se stessi, pena la destabilizzazione (qualcosa che forse ha a che fare con il concetto lacaniano di reale?).

Il giorno è «la narrazione della trap»: ciò che conta nella vita è il denaro, il sesso predatorio, essere vincenti senza scrupoli, «farcela» in modo da essere ammirati e temuti. E’ il copione “diurno” che si dispiega nei discorsi in gruppo dei ragazzi: “è così la vita fra..” ci dicono, quando proviamo ad obiettare.

Il video 6 a.m. apre invece ci dice cosa c’è sotto a questo racconto: sappiamo inconsciamente che tutto ciò non ci porterà a essere felici, a stare bene, è solo il gioco che ci sentiamo obbligati a giocare. In realtà questo ci può portare all’annientamento, nostro e del pianeta.
Ci dice anche che i ragazzi (e molti tra gli artisti stessi), più o meno consapevolmente, lo avvertono, e lo soffrono.
Al di là infatti di 6.A.M. in cui questo «svelamento» è molto esplicito, in diverse canzoni trap troviamo un verso, nascosto da qualche parte nel testo, in cui si riconosce l’illusorietà di tutto questo immaginario, la consapevolezza della dimensione distruttiva di questo racconto a cui, si dice, non ci sono alternative (e quindi tanto vale abbracciarlo, ed esaltarlo).

La trap come volto senza veli del racconto della nostra società

Noi adulti spesso ci poniamo nei confronti di questa iconografia, in modo scandalizzato e moralistico, con l’urgenza di allontanare i ragazzi da rappresentazioni cariche di dis-valori. Forse però molti di questi elementi negativi – il mito del successo personale, l’individualismo, l’esaltazione del lavoro che conferisce status, denaro e potere – sono semplicemente la narrazione prevalente della società che abitiamo, non della trap, una narrazione che in certi suoi elementi talvolta anche la scuola e i servizi educativi strizzano l’occhio. I testi di cui parliamo hanno solo il pregio/difetto di estremizzare tutto ciò, di amplificarlo, di presentare esplicitamente il suo vero volto, che è rivoltante, ce lo mostrano come «il pasto nudo sulla forchetta», come direbbe William Borroughs.
E se fosse proprio «stare», esplorare questa realtà insieme senza aver paura di reggerne lo sguardo, un punto di partenza per affrontarlo educativamente? Può essere utile esplicitare anche le nostre fragilità e senso di impotenza, invece che subito invitare a «pensare positivo»? 

LA DONNA CHE PIANGE

Tornando al lavoro in aula, a questo punto sembrava che di riflessioni ne fossero emerse già tante e molto significative e che si poteva andare verso la conclusione, quando ancora Lorenzo, con il solito tono di chi la sa lunga, alza la mano: “si, va bene tutto questo, ma c’è un’immagine che è più importante di tutte le altre, e non è nel video: è la copertina della canzone”
La cosa mi incuriosisce molto, la cerco in rete, la trovo facilmente e la proietto.

Rappresenta una donna, ben truccata, con una sigaretta tra le dita; strani segni dagli occhi le attraversano le guance, lacrime stilizzate.

Decido allora di utilizzare la tecnica dell’ “esplosione della storia”: quando stiamo lavorando su un’immagine o un video in cui c’è qualche personaggio che colpisce in modo particolare, ma di cui si hanno poche informazioni, un buono strumento per facilitare l’approfondimento riflessivo è quello di provare a narrare la sua storia, inventandola a partire dalle proprie risonanze.
Chiedo allora a Lorenzo di raccontarmi, attraverso la sua immaginazione, chi è quella donna.

Lorenzo inizia senza esitazioni a «illuminarci»: “Si capisce che quella che sta fumando non è una sigaretta normale. Vedi quei puntini? È cocaina. È un’immagine perfetta per le sei di mattina: lei è andata a ballare, si è fatta di ogni cosa, ha appena scopato con uno sconosciuto. Ora piange perché ha paura di essere rimasta incinta”

IL PRESCELTO CI SALVERA’

Mi colpisce la sicurezza con cui Lorenzo racconta la storia. Un pò per stimolare la riflessione, un pò perchè io personalmente curioso, gli chiedo se è davvero incinta, e se in caso terrà il bambino:
“Si, è incinta e questo bambino nascerà”
“E ci sai dire qualcosa di questa creatura?”
“Il figlio che nascerà sarà un illuminato: non porterà le colpe della madre e salverà il mondo, dichiara il ragazzo con perfetto tono da profeta”

Finisce così la storia e finisce il tempo che avevamo a disposizione.

UNO SPAZIO DI AUTENTICITA’ DA ATTRAVERSARE CON SENSIBILITA’

Questo video ha aperto uno spazio di riflessione davvero ampio, per loro, per me.
E’ stato occasione di dialogo autentico tra noi, il video è stato l’oggetto mediatore che lo ha reso possibile, ogni volta che questo accade penso quanto sia importante prendersi del tempo per questo tipo di attività, e quanto sia importante sospendere il giudizio e lasciarsi attraversare e magari sorprendere.

I ragazzi attraverso le immagini hanno raccontato momenti sereni della loro infanzia, e hanno tematizzato il disincanto per il progresso e il timore per il futuro, il fatto che nella loro esperienza che non possiamo liquidare con facilità, oltre il ricordo malinconico del passato (biografico e storico), restano solo due alternative: seguire le parole d’ordine imperanti nella società fino al baratro, facendo finta che questa menzogna sia vera, oppure riconoscerne la tragicità, ma ammettendo allo stesso tempo anche la propria impotenza.

E IL FUTURO?

In tutto ciò però il futuro non è completamente scomparso, c’è ancora spazio per essere citato dai ragazzi, ma è una luce in lontananza, una speranza ancora viva ma non ritenuta a portata di mano. Il futuro più vicino è invece un futuro-catastrofe, una catastrofe che però è in qualche modo catartica, è l’unica cosa che può rimettere le cose al loro posto: la pantera che cammina sulla Lamborghini distrutta, in un panorama in cui l’uomo non si vede più, forse si è estinto, o forse è rifugiato e ha voglia di ri-inventarsi in un modo realmente e radicalmente diverso.

Molti adolescenti di oggi (certo non tutti) sentono che la loro generazione è già politicamente persa, già troppo invischiata in logiche mortifere, troppo deboli i legami e troppo in loop vittima di algoritmi efficacissimi.
La speranza allora è che sarà qualcun altro a portare il nuovo (interessante notare come il cambiamento non sia concepito come risultato di una lotta collettiva ma dell’intervento di un singolo salvatore, «il prescelto»).

I più giovani, soprattutto quelli più sensibili, portano il peso di un’impotenza che non va minimizzata, ridimensionata, “basta lottare tutti insieme, cosa ci vuole? vuoi nuove generazioni siete dei rammolliti, guarda ai nostri tempi!“. Per quanto controintuitivo forse è importante imparare a sostare anche noi in questo senso di impotenza che caratterizza la nostra epoca, che per molti versi è un pò anche nostro, ma non abbiamo il coraggio di ammetterlo (noi ce la caviamo dicendo che tocca a loro, che noi siamo troppo occupati, rivelando la nostra essenza di cronofrettici, usando il bel neologismo di Vincenza Pellegrino). Forse abbiamo proprio bisogno di tempo, per ascoltare la sofferenza della frenesia e dell’impotenza, e poi cominciare a tessere alleanze, ricreare nuove comunità con nuove parole d’ordine, provare a inventare nuovi racconti. E forse dobbiamo farlo con loro, incontrandoci in modo autentico senza giudicarci, come è accaduto quella mattina a scuola, a partire da un video trap.

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